La famosa frase (popolarmente attribuita a Martin Luther King e già presente in Kant) sembra esprimere un principio fondamentale e di buon senso. Tuttavia dobbiamo riflettere sulla sua applicazione. Per capirlo partiamo da un caso ideale e volutamente semplice.
Supponiamo di avere una società fatta da due sole persone. La prima, chiamiamola Romolo, è contagiata ma sana (il famoso asintomatico). La seconda, chiamiamola Remo, non è contagiata ma è potenzialmente a rischio perché anziana o con altre patologie.
Ci sono due situazioni possibili: limitare la libertà di Romolo, costringendolo a stare a casa (il famoso principio del “nessuno è libero di contagiare gli altri”) o limitare la libertà di Remo, invitandolo a stare a casa per non correre rischi.
Remo, non è contento, chiede che sia limitata la libertà di Romolo almeno per un tempo sufficiente a ricevere il vaccino in modo che lui possa uscire senza correre rischi.
Romolo, a sua volta, non è contento, chiede che sia limitata la libertà di Remo, in modo che lui possa uscire (tanto lui non corre rischi).
Oppure, per trovare una soluzione “politica” si può decidere di limitare la libertà di entrambi. In questo modo mal comune mezzo gaudio.
Non considero il caso in cui escono tutti perché in quel caso il povero Remo si ammalerebbe con conseguenze negative.
Insomma, il tanto citato principio, la mia libertà finisce dove inizia la tua, all’atto pratico incontra notevoli difficoltà di applicazione. Potrebbe funzionare soltanto se tutti avessero uguali rischi, uguali diritti, uguali svantaggi. Invece non è così.
Pensiamo a una situazione estrema. Remo possiede molte scorte di cibo a casa. Per lui stare a casa non è un problema gravissimo. La limitazione della libertà per lui non ha gravi consequenze. Tutto sommato, sta anche bene a casa. Invece Romolo, poveretto, ha le reti da pesca in mare e se, ogni giorno, non esce, non prende pesci. Per lui, la limitazione della libertà ha un costo enorme.
La stessa regola per qualcuno è un piccolo sacrificio, per un altro può essere lacrime e sangue. Perché i due casi devono essere considerati identici?
Nel caso reale, abbiamo una situazione sostanzialmente simile a quella dell’esempio (pur con tutte le differenze numeriche del caso). Ovvero abbiamo una forte differenza nella pericolosità del virus per certe categorie di persone (per esempio i giovani sani da 1 a 29 anni ha una letalità quasi nulla), una forte differenza negli svantaggi conseguenti al fatto di stare a casa in quarantena (lavoro autonomo privato vs lavoro pubblico), una forte differenza sociale per chi ha figli e chi no, e una forte differenza per chi dipende dal contatto con il pubblico e chi invece può fare smart working.
Queste sono differenze reali che fanno sì che le stesse misure abbiano vantaggi e costi molto diverse a seconda delle categorie.
Il lockdown all’Italiana è stata la terza soluzione, abbiamo fatto stare a casa sia i Romolo che i Remo.
I Romolo sono stati molto danneggiati in nome di un principio astratto che, come abbiamo visto nel caso ideale di due sole persone, in realtà non ha una sola soluzione.
Adesso andiamo verso un autunno che potrebbe rivelarsi difficile e potremmo avere conseguenze molto pesanti per il sistema educativo, per i lavoratori autonomi, per chi ha bisogno di avere un contatto con il pubblico. Categorie in molti casi fatti da individui con fattori di rischio oggettivamente bassi se non bassissimi.
Verso queste categorie (i giovani, i vacanzieri, i nudisti), i media stanno applicando una politica terroristica che si riconosce dall’uso insistito di parole emotivamente cariche (paura, timore, panico, spavento).
Come si vede, lungi dal presentare in modo razionale la situazione contrapponendo rischi e costi delle varie strategie, la comunicazione (l’esempio è tratto da tre giorni di prime pagine del Corriere della sera) è pesantemente sbilanciata sulla colpevolizzazione morale di alcune categorie (stranamente corrispondenti a coloro che da politiche di quarantena avrebbe molto da perdere e quasi nulla da guadagnare): giovani e turisti.
Una via saggia sarebbe distinguere i Romoli dai Remi e applicare regole diverse, oppure andare tutti insieme verso la rovina comune nel nome del principio che la mia libertà finisce e basta.