Privo di ogni motivazione logica diretta, ma legato in modo indiretto con il contenimento del contagio, il fatto di stare a casa si è rapidamente trasformato in un atto scaramantico, dotato della forza irrazionale di ogni superstizione. Il principio è
“stai a casa perché se non lo fai succederà qualcosa di male”.
Ovviamente sappiamo tutti le motivazioni del principio di stare a casa, evitare i contatti umani ravvicinati che consentono la trasmissione del virus. Ma stare a casa è una approssimazione molto grossolana del vero codice di comportamento che sarebbe, appunto, #iostoatremetri.
In realtà, stare a casa è una condizione né necessaria né sufficiente per garantire di evitare il contagio attraverso contatti umani ravvicinati. Io posso stare a casa, ma siccome devo fare la spesa o ricevere gli acquisti, alla fine ho comunque contatti umani. Viceversa io posso non stare a casa e girare per luoghi isolati e non contagerei nessuno.
Come dice wikipedia
La superstizione è una credenza di natura irrazionale che può influire sul pensiero e sulla condotta di vita delle persone che la fanno propria. Generalmente si concreta nel convincimento che gli eventi futuri possano essere influenzati da particolari comportamenti senza che si possa dimostrare o anche solo ragionevolmente desumere una relazione causale.
E questo è esattamente il mondo in cui il principio di stare a casa viene applicato. Ovviamente la paura per il virus e una serie di minacce di natura sociali (e decreti altrettanto irrazionali) rinforzano la credenza (l’odio degli altri, la paura, il passaparola, le fake-news sulla diffusione del virus nell’aria) e, dopo un po’, come per magia, il comportamento viene rafforzato e diventa, come direbbero gli psicologi, autoconfermante. Lo fai perché lo fanno tutti e lo fanno tutti perché vedono che lo fanno tutti.
A nulla valgono gli appelli alla ragione. Le considerazioni razionali. Anzi, non adeguarsi alla superstizione, una volta che si è diffusa nella popolazione, è un segno di non appartenenza alla comunità che è, appunto, definita da un insieme di credenze irrazionali.
Chi fa appello alla ragione viene regolarmente accusato di “voler saperne di più degli altri (che hanno ragione per definizione in quanto maggioranza). Il tentativo di far ragionare gli altri viene visto con sospetto.
La ragione, quando non associata alla autorità e il potere (che ti salverà e quindi ha ragione), è immediatamente ostracizzata e chi dissente viene immediatamente attaccato sul piano personale per giustificare la sua diversità (o perché è poco edotto o perché, accusa ancora peggiore, mostra di conoscere dettagli che agli altri non sono noti).
Come la calunnia di Rossini, la superstizione vola di bocca in bocca, di casa in casa. Stare in casa, poi, in fondo non è così difficile e si associa a tante connotazioni infantili: la casa è il luogo sicuro, lontano dai pericoli. Quindi emotivamente l’idea della casa come difesa dalla paura dell’ignoto, il virus, funziona psicologicamente. E funziona ancora di più se le autorità se ne fanno complici integrandola con quella della guerra e mettono in atto azioni inutili (come sanificare le strade o controllare le persone con i droni) per dare l’impressione che ci sia un pericolo “fuori”.
Ma la cosa grave non è tanto lo spreco di risorse (comunque non indifferente), ma la rottura del patto di ragione tra stato e cittadino. Lo stato dovrebbe esercitare il proprio potere in virtù di un patto di ragione con i cittadini:
l’esercizio del potere e delle leggi è fatto in modo che siarazionalmente giustificabile con i cittadini.
Si tratta di un processo per approssimazione, ovviamente, ci possono essere errori di ogni tipo, ma, almeno in principio, ogni legge dovrebbe poter essere giustificata razionalmente a chi è chiamato a rispettarla e seguirla. Altrimenti non è più uno stato di diritto, ma un regime fondamentalista e totalitario basato sull’arbitrio (dei tanti e poi dei pochi) e sulla paura.
Il fatto che, in questi giorni di crisi e di paura, in pochissimo tempo si sia rinunciato al patto di ragione, sia da parte di chi governa (per fretta, urgenza, approssimazione) sia da parte di chi è governato (per paura, ignoranza, volontà di affidarsi a una autorità, appartenenza a un gruppo), è molto preoccupante. Dimostra quanto sia fragile lo stato di diritto e quanto l’obbedienza alle leggi non sia l’espressione di una comunità di persone libere, ma la sottomissione tribale a un potere che ti metta al sicuro.
Altrimenti, il potere ti chiede di seguire delle regole, non perché ci siano motivi precisi per farlo, ma perché così si vincerà tutti insieme e se non lo fai sei un traditore. Questo non è lo stato di diritto, questo è lo stato di paura descritto da George Orwell in 1984.
Accettare che la legge sia basata su regole superstiziose (perché tanto la gente non capisce altro) invece che su principi razionali è un passo grave che mette in discussione il senso dello stato e ci riporta indietro di 200 anni a prima dell’illuminismo quando il potere era accettato, come i re taumaturgi ben descritti dal grandissimo Marc Bloc, perché associato a un potere magico in grado, nel medioevo di guarirti dalla scrofola, oggi di tenerti al riparto dal Covid19.
La ragione non può essere sacrificata in nome della paura e lo stato non deve imporre ordini, ma emanare regole condivise in virtù della loro razionalità.