La parole non sono fatte per rimanere pulite. Le parole devono sporcarsi con la vita. Devono entrare nel quotidiano dell’esistenza. Provare, sbagliare, inciampare, ferire, turbare, offendere, esprimere, devo essere vive.
In questi giorni di Covid-19, in questi giorni di fascismo sanitario e di segregazione domestica, abbiamo riscoperto il valore delle parole. Ci siamo attaccati, insultati, denigrati.
Improvvisamente abbiamo scoperto che le parole non erano più un esercizio di comunicazione, ma che erano leve per cambiare le nostre vite. Abbiamo scoperto che dietro le parole c’erano valori diversi e non conciliabili. Abbiamo scoperto che le parole erano il modo per difendere il nostro modo di vivere.
Questo blog è ispirato dalla mia pagina Facebook dove ho conosciuto tante persone e dove, con mio stupore, tanti amici di una volta se ne sono andate, quasi tutti con un motivo: non si riconoscevano in quello che i partecipanti alle discussioni dicevano. Una cosa ancora più stupefacente se si pensa che molti di questi miei amici sono intellettuali.
Per me l’intellettuale, il filosofo, è colui che vive delle sue idee e che le vuole mettere alla prova, confrontare. Per me il filosofo è come un amante delle moto, le vuole provare tutte, confrontarle con le altre, gareggiare per vedere chi ha la migliore velocità, tenuta di strada, resistenza. E così con le idee.
Allora io mi sono stupito del fatto che l’atteggiamento più comunque sia invece stato l’opposto:
lascio le tue pagine perché non mi riconosco in quello che dite.
oppure
è inutile parlare con voi, perché tanto io non ti convinco e tu non mi convinci.
Questo non è l’atteggiamento di chi vive per le idee. Le idee che hanno paura di confrontarsi sono idee morte. Chi non è interessato a confrontare (ed eventualmente cambiare) le proprie idee è un fobico o un insicuro (anche un’ipocrita, ma spero non sia il caso dei miei amici).
Non è un caso che i restacasisti (martiri e non) quasi sempre hanno rifiutato la discussione di questi giorni, quasi come se avessero paura di sporcarsi le mani, di contaminare la loro superiorità morale prendendo in considerazione un’ipotesi impensabile: potrebbero avere torto. Ma si capisce il perché:
il restacasista rifiuta lo sporco della vita e vorrebbe vivere in un mondo sterile a rischio zero, a rischio zero anche di esistere però.
Il fatto che oggi la discussione sia viva non è un problema, è una ricchezza. E’ il segno che il tessuto sociale non è stato completamente anestetizzato ed ha ancora in sé gli anticorpi per reagire alla propaganda di paura e autoritarismo cui è stato sottoposto.