Dal 9 Marzo gli italiani sono prigionieri in casa in base al piano #iostoacasa che stabilisce, per motivi di emergenza, una forma di detenzione domestica dell’intera popolazione con incalcolabili disagi e danni psicologico-sanitari. È una misura veramente necessaria? No. Non lo è perché il contagio è fermato dalla riduzione dei contatti sociali in aree chiuse e non dalla detenzione domestica. La strategia corretta sarebbe piuttosto #iostoatremetri (o qualcosa del genere). Invece la campagna mediatica e i decreti (e a cascata le ordinanze regionali e comunali) hanno deciso di optare per una segregazione domestica che non è né necessaria né sufficiente a contenere il virus. Non è sufficiente perché comunque è una quarantena colabrodo in quanto tantissimi, tutti, devono e possono frequentare luoghi chiusi e affollati (supermercati). Non è necessaria perché in moltissimi casi l’accesso all’ambiente esterno non ha nessuna ricaduta sulla diffusione del virus (parchi, spiagge, luoghi isolati, ogni luogo esterno ove è possibile stare a distanza).
Come ogni virologo sa bene, il luogo più sicuro per non contrarre il virus è l’ambiente esterno (spiagge, colline, prati, aree urbane verdi). Al contrario i luoghi meno sicuri sono i luoghi chiusi (case, luoghi di lavoro, supermercati). Anche le nostre abitazioni non sono esattamente sicure (ambienti chiusi, frequentati da più persone che entrano ed escono da luoghi condivisi o pubblici).
Invece di spiegare chiaramente le modalità di trasmissione del virus, la campagna mediatica istituzionale ha assunto toni moralistico-etici. Siamo esortati a stare a casa “per rispetto di chi soffre/combatte in corsia”, “per i morti”, “per vincere tutti insieme”. Il pericolo del virus è diventato un “nemico da combattere”. La gente che sta a casa sui divani a cuocere il pane sono “degli eroi”. Ma davvero? In realtà, non si vince un virus con sacrifici morali edificanti, ma con una condotta scientificamente sensata, come, appunto, lavarsi le mani e stare a distanza.
Stare in casa è diventato un gesto scaramantico, mentre uscire è diventato un marchio di infamia perché chi corre manifesta la sua non appartenenza alla comunità dei probi, che spiano il mondo dalle finestre per denunciare i trasgressori. Come ha scritto Recalcati “L’odio nasce dall’invidia per la libertà altrui”. A nulla valgono gli appelli alla ragione scientifica e ricordare che l’accesso all’aria aperta è un fondamentale presidio sanitario per tantissime categorie di persone e che non ha nessun rischio diretto per il virus.
Questa deriva etica, questa propaganda morale piuttosto che scientifica, è continuamente all’opera. Per combattere il virus le forze dell’ordine danno la caccia ai runner (che non hanno avuto alcun ruolo nel virus), si controlla se il bambino esce “per capriccio” o per accompagnare il genitore a fare la spesa, si perseguitano le famiglie che cercano di passare qualche giorno nelle seconde case.
Si condannano i comportamenti non per i loro effetti concreti, ma per le intenzioni delle persone.
Con la scusa della presunta indisciplina degli italiani si giustificano le misure coercitive più insensate. Sarebbe il sogno di un regime totalitario, come ha recentemente fatto osservare il filosofo Miguel Benasayag: per paura e mancanza di fiducia in loro stessi i cittadini desiderano obbedire a un capo che li salverà. In realtà, non ci sono prove che gli italiani sarebbero incapaci di gestire in modo corretto il distanziamento sociale senza essere tenuti in prigione a casa loro. Il solito esempio negativo, quello del weekend di Febbraio con gli italiani sui campi da sci, è manipolato. Nei giorni precedenti a quel weekend, i politici avevano detto che l’Italia era il paese più sicuro al mondo, avevano esortato a tornare sui navigli di Milano (vi ricordate #milanononsiferma?) e non avevano parlato in modo chiaro del pericolo. Perché gli italiani avrebbero dovuto fare altrimenti? Non diamo alle persone le colpe delle indicazioni sbagliate giunte dall’alto.
Al contrario, oggi gli italiani sono in gran parte ligi nel seguire le regole del decreto del governo e appaiano consapevoli del rischio. Quindi perché non riconoscere loro la responsabilità che si attribuisce a individui dotati di ragione e libertà?
Se ci fosse fiducia e responsabilità, potremmo avere la libertà di uscire all’aria aperta.
Negare agli italiani la possibilità di accedere all’ambiente esterno, applicando in modo intelligente le cautele contro la diffusione del virus, non ha alcuna giustificazione per la presenza del virus (che non è presente in aree aperte con sole, ossigeno e agenti atmosferici). Non ci lasciano, per dire, andare in spiaggia o in una escursione sulle colline, non perché in questi luoghi ci sia il virus (NON C’È!), ma perché, se andassimo in questi luoghi, ci comporteremmo male, perché siamo, evidentemente agli occhi delle istituzioni e anche di molti di noi, INDEGNI DI FIDUCIA.
#iostoacasa non è una norma sanitaria ma un diktat da stato etico.
Ma questo è gravissimo da un punto di vista istituzionale e sociale. Se fossimo veramente una comunità di persone indegne di fiducia, se il governo dovesse veramente applicare misure coercitive sulla base non di quanto facciamo ma della nostra infamia; se fossimo, fino a prova contraria, dei farabutti, questo sarebbe la fine della società democratica e civile. Allora perché non eliminare direttamente tutti i diritti civili, controllare telefoni, messaggi. Perché non annullare la libertà di movimento. Stabiliamo uno stato di polizia (come si è parzialmente fatto in questi giorni di crisi) e chiediamo che l’ordine sia imposto dall’alto perché “tanto gli italiani si sa come sono”. Ma fortunatamente non è così! Anzi, ci stiamo comportando tutti molto molto bene. Fino a prova contraria siamo persone responsabili!
Se fossimo considerati degni di fiducia e persone responsabili, non saremmo costretti a stare agli arresti domiciliari.
Il pericolo del virus non è come la radioattività di Chernobyl. Non è qualcosa che si trova nell’aria. Ma è un rischio che dipende SOLO dai nostri comportamenti. Quindi non ha senso privare le persone dell’aria aperta. Quasi nessuno delle altre nazioni ha adottato questa punizione moralistica, inutile e, anzi, dannosa.
Non ci possono tenere chiusi in casa se non c’è pericolo e solo perché si presume che noi siamo indegni di fiducia. #iostoacasa ci offende nella nostra dignità. Recuperiamo una dimensione civile e di buon senso del vivere! Il virus è un pericolo e non un nemico. Noi siamo cittadini a rischio contagio e non eroi. Siamo persone razionali e responsabili e non farabutti indegni di fiducia. #iostoacasa è un’umiliazione per tutti gli italiani e un danno sociale e sanitario incalcolabile. È una punizione inflitta per motivi morali e non una strategia contro il virus.